Luigi Califano
Dirigente Responsabile S.S.D. di Audiologia e Foniatria A.O. “G. Rummo” Benevento
I cortisonici rientrano tra i farmaci utilizzati per la terapia della malattia di Menière: in alcuni Centri essi sono utilizzati spesso come prima scelta, in altri, invece, essi sono utilizzati o come “ruota di scorta” (mi si passi l’espressione) o in casi particolari, ad esempio nelle forme bilaterali quando è più probabile, rispetto alle forme monolaterali, un possibile ruolo di meccanismi immunitari, autoimmunitari od infiammatori come possibile causa della malattia.
In tali casi, in effetti, è riportata in Letteratura una buona efficacia della terapia steroidea a lungo termine, specie se eseguita a dosaggi abbastanza elevati.
Ciò, però, significa anche che essa può determinare effetti collaterali talvolta seri: dalla ritenzione idrica, all’aumento della pressione arteriosa o della glicemia, a fenomeni di osteoporosi, a sofferenza gastrica. Ciò, ancor di più, significa che se tali situazioni sono preesistenti, esse costituiscono una controindicazione, assoluta o relativa, alla terapia steroidea.
L’uovo di Colombo, almeno per chi creda in questa possibile approccio terapeutico? La somministrazione intratimpanica dello steroide.
La malattia di Menière, come ben sappiamo, è stata la capofila per le indicazioni a tale via di somministrazione,: la gentamicina intratimpanica ha sicuramente cambiato in positivo l’approccio alle forme invalidanti di malattia di Menière refrattarie alla terapia medica conservativa, tanto da minimizzare, allo stato, l’approccio chirurgico sia conservativo (chirurgia del sacco endolinfatico) sia ablativo (neurotomia vestibolare).
Leggi qui l’articolo intero.